Racconti d’acqua

Sono andata molte volte alla Covola.

Si andava giù per il campo sportivo, mentre gli abitanti della contrada Ech scendevano per la strada che partiva da quelle case.

D'inverno tutto il paese andava alla valle della Covola  perché l'acqua della sorgente era tiepida. Ricordo che l'acqua sgorga dal monte e s'allarga in una specie di quadrato per poi correre dentro una sponda di lastre inclinate fino a passare il mulino.

Il mulino era stato costruito dal Genio Militare nel 1915 per raccogliere l'acqua e inviarla in trincea in località Stellar. C'era un modo che non ricordo per far passare l'acqua nella valle e ora mi dispiace non saperlo, perché adesso, a pensarci mi incuriosisce e vorrei saperlo. Quell'acqua incanalata andava ai Stellar e al Bosco Nero.

Dopo la guerra fu usato come mulino dalla famiglia Duri o Secondo Duri.

Ricordo che nella valle c’erano tre o quattro mulini, è difficile da spiegare, ma ricordo che a circa venti metri dalla prima cascata c'era una casa dei Braga dove abitavano stabilmente, sia d'inverno che d'estate. Erano in due, tre nuclei di famiglie e abitavano in sole due stanzette. Nacquero dei bambini là. Ora mi è difficile credere la vita dura che facevano allora.

Tutto venne abbandonato con il profugato, cioè nel 1916.

Io sono del 1905 e ricordo benissimo, perché allora avevo quasi 11 anni e mio nonno aveva un mulino dove macinava le cortecce delle piante d'abete. In primavera quando i boscaioli tagliavano le piante con le accette, mio nonno e altri, seguivano i falciatori e quando le piante erano a terra già sramate e ben pulite dai nodi, allora levavano la corteccia con lo scintar, un coltello particolare semicurvo, provvisto alla punta di una particolare paletta. Questa operazione la dovevano fare entro pochi giorni, questo perché lo saaft, il particolare liquido che c’è tra la corteccia e il tronco è ancora fresco e quindi permette ancora una facile scortecciatura. Una volta essiccato lo saaft, tale lavoro diventa molto difficile.

Le scorze venivano stese per terra impedendo così di arricciarsi. Là rimanevano per alcuni giorni anche perché dovevano asciugarsi dallo saaft.

Infine venivano accatastate in grandi mucchi.

Durante l'inverno venivano prelevate dai boschi con le slitte. Era un lavoro duro. Poi con il sapin, la scorza veniva frantumata in piccoli pezzi finché era pronta per essere passata per il mulino che finalmente la raffinava.

Il prodotto ricavato serviva per conciare le pelli delle tre o quattro concerie che c’erano a Gallio. Ricordo che molti uomini lavoravano in queste concerie.

Ricordo che il mulino dei Munari Prott aveva il compito di pilare l'orzo, l’avena, le lenticchie, il frumento e tutto quello che cresceva allora. Ricordo la Val di Nos coltivata in grandi campi di lenticchie che assicuravano gli inverni, e anche l'Ongara coltivato ad avena e frumento; anche di patate ma non vennero mai piantate troppo in alto.

A proposito! ho avuto notizie che giù alla Covola viene scaricata acqua sporca, fogna... e non capisco perché non ci debba essere rimedio!!

Ho lavato i panni per tanti anni in quella sorgente e  ho tanto camminato lungo la mulattiera che dal campo sportivo portava alla valle.

Ricordo un giorno di essermi fatta accompagnare dove la valle si chiude, vicino al campo sportivo e mi ha fatto impressione perché per costruire case nuove hanno chiuso con reticolati e muri la vecchia imboccatura che portava a valle. Ma guarda che Gallio!! Per fare le case agli altri non rispettano neanche le proprie strade !!! Mi sono fatta accompagnare anche perché in quel posto c'era una lasta di sasso fatta a Stubla, passaggio obbligato per andare alla Covola e volevo vedere se anche questa lasta fosse stata rimossa e tristemente ho constatato che è stata levata!

Ho conosciuto un falegname che si è industriato a prodursi l'energia elettrica con l'acqua della Covola e quindi a far funzionare le macchine della sua bottega, allora all’Ech. Tutto ciò per risparmiare, per contenere le spese. Quando si sono accorti quelli dell'Azienda elettrica e hanno scoperto che già da molti anni usava tale sistema, gli è stata inflitta una multa tale che ha dovuto smontare tutto l'impianto. Bravo però, era uno capace, dalla Covola ricavava energia per lavorare!

Il 15 maggio del 1916, alla mattina è stata bombardata Asiago. C'era tutta la classe 1897 in quel paese, riunita per la visita militare.

C'era pure mio marito a quella visita di leva. Scoppiò la granata e morì, credo, un alpino di Gallio travolto da un muro. Due giorni dopo e precisamente il 18 maggio del 1916, Gallio fu bombardata da grosse granate. Ricordo che fu alla sera, verso le 18.00. Mia mamma mi aveva mandata a comprare un chilo di zucchero e una bottiglia di olio. Appena fuori dalla bottega ho sentito gli scoppi delle granate. Ricordo che sono corsa dentro la casa della famiglia Baghei a chiamare mia sorella di due anni più grande di me. Abbiamo raggiunto l'angolo dei Pierini e giù verso i Rossi. Tutti scappavano oltre l'Hotel Gallio dove esistevano, ancor prima della guerra, delle antiche gallerie, tipo taverne. Ci rifugiammo là. Eravamo in tanti, gente di Gallio e soldati.

Fu un grande spavento ma non ho mai mollato dalle mani lo zucchero e l'olio. Quel giorno caddero quattro enormi granate, tutte su segnalazione dell'aereo che volava sopra Gallio. Lo ricordo perché l'ho visto: era altissimo. La prima granata cadde dove esisteva il cimitero militare. La seconda, all'ingresso di Gallio, dove adesso c'è la rotonda stradale, la terza vicino al Macrillo, dove allora esisteva una caserma militare e credo volessero colpire proprio quell'edificio. La quarta e ultima bomba cadde alla Covola. Causò un disastro.

La fine di tutto.

Testimonianza di Gaetana Munari Prott, classe 1905, raccolta nella primavera del 2000

Stilizzazione